Chi agisce per il risarcimento dei danni subiti come vittima di un “errore medico” (o in qualità di suo erede), ha tempo 10 anni per azionare il proprio diritto nei confronti dell’azienda sanitaria, in quanto la relativa richiesta si inquadra in un illecito di natura contrattuale .
Se invece chi agisce è un soggetto che ritiene di esser stato danneggiato a causa di un errore medico che ha pregiudicato un proprio congiunto, ha invece 5 anni di tempo per agire in giudizio.
Come ci ha ricordato la Corte di Cassazione (cfr. Cass. 5590/2015 e da ultimo Cass. 14258/2020), infatti, le domande risarcitorie proposte iure proprio dai parenti del paziente danneggiato si intessono su di un rapporto extracontrattuale e pertanto si prescrivono in 5 anni.
Tuttavia, secondo quanto stabilito dall’articolo 2947 del codice civile, se il fatto illecito è considerato dalla legge come reato e per tale reato è previsto un termine di prescrizione più lungo, tale termine deve essere applicato anche all’azione civile.
Pertanto nel caso, ad esempio, del danno non patrimoniale (ex morale) subito dal prossimo congiunto per la perdita di un parente deceduto a causa di un errore medico (soggiacente, come visto, ad una prescrizione quinquennale), applicando il predetto principio, il termine prescrizionale da applicare anche alla causa civile è quello più lungo pari a 10 anni (omicidio colposo) previsto dall’articolo 157 del codice penale (cfr. sentenza n. 5994/2016 della Corte di Cassazione).