In poco più di 12 pagine, ampiamente motivate, la III Sezione della Suprema Corte apre una breccia nel collaudato meccanismo del risarcimento del danno alla salute, ad oggi basato sulle Tabelle di liquidazione del Tribunale di Milano.
Nello specifico, argomentando dalla non coerenza delle Tabelle milanesi con il dettato dell’art. 138 del Codice delle Assicurazioni Private per come riformato dalla L. 124/2017, la Corte approda ad una conclusione dirompente.
Il danno morale ed il danno biologico (la cui liquidazione, nelle Tabelle milanesi, è confluita in un unico valore monetario) sono due componenti autonome, distinte e separate del danno alla salute.
Come tali, non possono essere semplicemente sommate fra di loro per quantificare e liquidare un unicum poiché è necessario lo scorporo dalla tabella milanese del danno morale quale voce automatica del danno complessivo.
Persiste, dunque, l’incertezza su quale sia il corretto meccanismo da applicare in presenza di danno biologico e danno morale.
Con l’arresto in commento si profila all’orizzonte anche il (sempre più) concreto rischio di una proliferazione incontrollata dei giudizi di impugnazione dei provvedimenti non definitivi, decisi secondo le Tabelle milanesi, finalizzati a riconteggiare il corretto risarcimento dovuto, distinguendo la voce del danno morale da quella del danno biologico.
Incertezza e rischio che, per come auspicato da più parti, potranno essere definitivamente superata solo con l’emanazione delle tabelle uniche nazionali per i risarcimenti del danno da sinistri stradali e colpa sanitaria.