La voce di danno relativa alle spese per assistenza personale, necessaria a seguito delle lesioni riportate in un sinistro stradale, va liquidato ai sensi dell’art. 1223 c.c. stimando il costo presumibile delle prestazioni in considerazione delle menomazioni da cui è afflitta la vittima, in rapporto alla presumibile durata dell’esborso.
La fattispecie
Così la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 17815 del 2019, decidendo sul ricorso avverso la sentenza della Corte d’Appello di Milano che, in accoglimento del gravame, liquidava il danno patrimoniale futuro richiesto dall’appellante per le ripercussioni sulla propria autonomia a causa dell’invalidità dovuta alle conseguenze di un sinistro stradale di cui era rimasta vittima. I Giudici milanesi hanno liquidato tale danno patrimoniale stimando il costo mensile dell’assistenza personale in 600 euro, moltiplicato per un coefficiente di capitalizzazione corrispondente all’età della vittima e poi ridotto del 40%.
La donna ha proposto ricorso per cassazione dolendosi della predetta riduzione della liquidazione del danno patrimoniale.
Il principio di diritto
Laddove la legge non disponga altrimenti, il risarcimento del danno aquiliano risponde al principio di integralità o di indifferenza di cui all’art. 1223 c.c., secondo il quale il risarcimento deve coprire «”tutto il danno e nulla più del danno”, come suolsi ripetere con antica formula». Le eccezioni a tale fondamentale regola iuris sono solo quelle espressamente previste dal legislatore, come nel caso del concorso causale della vittima nella realizzazione del pregiudizio (art. 1227 c.c.). Tale ipotesi deve poi essere mantenuta distinta quella del danno parziale che si concretizza ove il fatto illecito non abbia soppresso completamente il bene o l’utilità, con conseguente liquidazione sulla base del c.d. “valore di rimpiazzo”, per le cose materiali, oppure dell’entità del pregiudizio, per i beni immateriali come la salute. Anche in tal caso deve comunque essere garantito il principio di integralità.
La sentenza impugnata non risulta aver correttamente applicato i summenzionati principi e viene dunque cassata con rinvio alla Corte d’Appello di Milano che dovrà attenersi al principio secondo cui «il danno consistente nelle spese per assistenza personale, patito dalla vittima di lesioni personali, va liquidato ai sensi dell’art. 1223 c.c. stimando il costo presumibile delle prestazioni di cui la vittima avrà bisogno in considerazione delle menomazioni da cui è afflitta, rapportato alla durata presumibile dell’esborso. Il risarcimento così determinato è dovuto per intero, senza alcuna riduzione percentuale corrispondente al grado di invalidità permanente patito dal danneggiato».