Nella decisione in commento i giudici di legittimità tornano a confrontarsi sulla risarcibilità dei danni patrimoniali che i superstiti possano soffrire a seguito del prematuro decesso del congiunto, causato dal fatto illecito altrui.
La fattispecie
Un uomo, conseguentemente all’esposizione, alle polveri ed alle sostanze tossiche in ambito lavorativo, perdeva la vita prematuramente. La coniuge e i figli del defunto promuovevano un giudizio nei confronti della società in favore della quale Tizio prestava la propria opera lavorativa, nonché del responsabile del relativo stabilimento dov’era occupato il lavoratore. In particolare, veniva richiesta la condanna dei convenuti per i danni patrimoniali e non patrimoniali subiti dai congiunti in conseguenza del decesso del soggetto.
La domanda veniva fondata sull’assunto che la malattia che ha condotto alla morte il lavoratore, era stata contratta a causa della mancata predisposizione da parte del datore di lavoro di idonei mezzi di protezione.
Tanto il Tribunale, quanto la Corte di Appello accoglievano parzialmente le richieste risarcitorie avanzate dai familiari del defunto.
In particolare, veniva riconosciuta una quantificazione del danno ritenuta non congrua, non venivano conteggiati gli interessi e veniva negata la risarcibilità dei danni patrimoniali futuri sofferti dalla moglie del lavoratore deceduto. Non ravvisandosi la prova degli indici reddituali del marito, infatti, quest’ultima domanda veniva rigettata, non potendosi presumere quale sarebbe stato l’apporto che il defunto avrebbe destinato ai bisogni del coniuge.
In ragione del rigetto della domanda inerente il danno patrimoniale futuro, i congiunti del defunto decidevano di impugnare la sentenza di Appello davanti alla Corte di Cassazione.
Il principio di diritto
Nel caso di specie, con sentenza n. 31459 del 2018, la Cassazione rileva, in particolare, che la scomparsa prematura del congiunto, a seguito di fatto illecito altrui, proiettata nel futuro, determina una presumibile perdita economica per i superstiti, determinabile nelle risorse reddituali che il defunto avrebbe loro destinato.
Tale pretesa economica, secondo la Corte di Cassazione, può trovare fondamento tanto «in relazione ai precetti normativi (artt. 143, 433 cod. civ.)», quanto nella «pratica di vita improntata a regole etico – sociali di solidarietà e di costume». In tal modo, vengono determinati, seppur indirettamente, quali siano i soggetti titolari della legittimazione ad agire in giudizio per ottenere il ristoro dei danni subendi.
Conclusioni
Stante quanto sopra, secondo la Cassazione, il soggetto legittimato deve dimostrare soltanto il proprio status familiare (es: coniuge, coniuge separato/divorziato, figlio) o il particolare regolamento pattizio, mentre, altrettanto non può dirsi per quei soggetti che non rientrano nel nucleo familiare primario.
In primo luogo, il riconoscimento di un’aspettativa risarcitoria anche ai componenti di una famiglia di fatto è ormai un punto fermo dell’elaborazione giurisprudenziale in tema.
Tuttavia, il presupposto per il riconoscimento di un pretesa riparatoria come quella in discorso presuppone sempre la prova del rapporto di affezione fuori dal matrimonio.