La Corte di Cassazione, con il recentissimo provvedimento n. 17690 del 25 Agosto 2020, è tornata ad affermare la validità del principio secondo cui “…quale parametro di riferimento per la liquidazione equitativa (ex art. 1226) del danno patrimoniale futuro da incapacità lavorativa, anche se patito in conseguenza di errata prestazione sanitaria da soggetto percettore di reddito da lavoro, può applicarsi, anche in difetto di prova rigorosa del reddito effettivamente perduto dalla vittima, il criterio del triplo della pensione sociale minima pure nel caso in cui sia accertato che la vittima (come nell’ipotesi di un libero professionista all’inizio della sua attività) al momento del sinistro percepiva un reddito così sporadico o modesto da renderla in sostanza equiparabile ad un disoccupato”.
I fatti di causa traggono origine da una vicenda giudiziaria riguardante un caso di “medical malpractice”: un errato intervento chirurgico agli occhi mediante laser, condotto in maniera errata, aveva causato nel paziente un danno biologico permanente valutato in misura pari al 20%, con analoga incidenza sulla capacità lavorativa.
Nel caso in esame, però, vi era un problema di onere probatorio, poiché la vittima non era in grado di documentare il proprio reddito da lavoro, e di conseguenza, di dimostrare documentalmente e con esattezza la perdita di guadagno futuro o lucro cessante, avendo iniziato la propria professione (praticante avvocato all’epoca del fatto) da poco tempo, ed avendo, quindi, documentato solo qualche occasionale prestazione retribuita.
I giudici di merito avevano sì riconosciuto in via equitativa la somma di Euro 20.000,00 a titolo di danno patrimoniale da lucro cessante, ma non ritenevano applicabile al caso di specie né il criterio del triplo della pensione sociale quale parametro di riferimento per il calcolo del reddito figurativo (ritenuto esclusivamente applicabile ai sinistri da RC Auto), né l’altro criterio proposto dall’attore con riferimento al reddito medio annuo nazionale degli avvocati.
La Suprema Corte, ribadendo un principio di diritto già ripetutamente enunciato, ha ritenuto invece che, nella valutazione equitativa ex art. 1226 Codice Civile applicabile al caso di specie, ben può il giudice, nella sua discrezionalità, adottare il parametro del triplo della pensione sociale minima per individuare il reddito annuo di riferimento (reddito figurativo) : “….la giurisprudenza di questa Corte ha già riconosciuto al giudice di merito il potere, in sede di liquidazione equitativa del danno ai sensi dell’art. 2056 e 1226 Codice Civile, di ricorrere al criterio del triplo della pensione sociale anche allorquando l’invalidità permanente non consegua a sinistro stradale, atteso che la liquidazione del danno in via equitativa resta affidata ai suoi apprezzamenti discrezionali…”.
Grazie a questa importante pronuncia, insomma, i Supremi Giudici ribadiscono con fermezza la validità del criterio del ‘triplo della pensione sociale’ utile a monetizzare il danno patrimoniale futuro della vittima di medica malpractice.