Attraverso una recente pronuncia, è stato stabilito che lo scambio di sms su WhatsApp tra moglie e amante provano l’anteriorità del tradimento rispetto alla crisi coniugale: al marito l’addebito della separazione.
Il caso concreto
Una coppia con figli decide di separarsi e, tra le richieste della donna, c’è anche l’addebito al marito della fine della rapporto coniugale.
Secondo la donna, il coniuge, infatti, in costanza del matrimonio, avrebbe intrapreso una relazione extraconiugale con la convivente attuale. Conclusa la fase presidenziale si provvede alla nomina del giudice istruttore. Il procedimento prosegue a causa della distanza delle rispettive richieste, come quella sull’entità degli assegni di mantenimento per moglie e figli e per la domanda di addebito della separazione al marito.
Il marito sostiene che la fine del matrimonio non è ricollegabile alla relazione extraconiugale, ma alla sopravvenuta incompatibilità caratteriale. I primi sintomi di una crisi risalirebbero a 10 anni prima, da quando la moglie ha iniziato ad assumere nei suoi confronti un atteggiamento freddo e distaccato.
Tale versione è però smentita dalla ricorrente e dai fatti: nel 2012 la coppia decideva infatti di acquistare casa e nel 2015 di avere un altro figlio. La moglie evidenzia inoltre la perfetta intesa della coppia anche dal punto di vista lavorativo, tanto che l’impresa costruita insieme nel tempo è cresciuta, consentendo alla famiglia di vivere molto agiatamente.
Per la moglie il marito ha vissuto in realtà “due vite parallele” a partire da marzo 2011, quando ha iniziato a frequentare la donna che ora è la sua compagna. Tale legame extraconiugale è stato scoperto dalla moglie solo nel 2015. Il legame è stato scoperto solo nel 2015, ma inizialmente, come emerso dalle parole dell’amante, con cui la moglie ha scambiato diversi messaggi WhatsApp, è stato minimizzato, per poi assumere i contorni di un rapporto decisamente più stabile, come ammesso dal marito nel corso di un duro confronto con la consorte
Non corrisponde al vero quindi il racconto del marito, in cui afferma di aver tentato, nell’aprile del 2016, dopo aver trascorso un periodo dall’attuale compagna, di aver fatto rientro a casa per tentare di risolvere i problemi con la moglie che, a distanza di un solo giorno, lo avrebbe cacciato.
Tradimento affermato altresì in sede di deposizione dall’amante e attuale compagna, che ha anche confermato il contenuto di alcuni messaggi WhatsApp, scritti per rabbia, visto che l’uomo saltuariamente aveva rapporti intimi con la moglie, che le inviava sms in tal senso.
La decisione del Tribunale
l giudice del Tribunale di Velletri con la sentenza n. 664/2020, premette di dover accertare, ai fini dell’addebito della separazione, il nesso di causa esistente tra il tradimento del marito e la fine del matrimonio a causa della sopravvenuta intollerabilità della convivenza causata dalla condotta oggettivamente trasgressiva dell’uomo.
Dal punto di vista probatorio il giudice ricorda poi che spetta al coniuge che avanza la domanda di addebito dimostrare che il tradimento ha avuto efficacia causale sull’intollerabilità della convivenza e sulla fine del matrimonio, spettando al soggetto accusato di infedeltà dimostrare l’inefficacia dei fatti posti a fondamento della domanda.
Fatta questa doverosa premessa il giudice rileva come nel corso di causa l’anteriorità della relazione del marito con l’amante, rispetto alla crisi coniugale, è stata dimostrata dalla deposizione dell’attuale compagna, che ha confermato la riconducibilità dei messaggi a se stessa, dai quali emerge che il legame risale a prima dell’agosto del 2015, quando la moglie ha partorito il terzo figlio. In tale circostanza infatti la moglie veniva informata dall’amante con un sms che mentre lei stava partorendo, il marito “era a letto” con lei.
Dallo stesso scambio di massaggi emerge inoltre che la coppia nel settembre 2015 aveva festeggiato i 5 anni di relazione. Non hanno valore quindi i tentativi della teste di modificare la tempistica del rapporto, la cui anteriorità è dimostrata anche dall’abbandono della casa coniugale da parte del marito per trasferirsi stabilmente dall’amante, condotta compatibile con un legame pregresso, stabile e duraturo.
La fine del matrimonio è quindi da ricondurre alla decisione del marito di lasciare la casa e la moglie a causa della pregressa relazione infra-quinquennale. Da qui la decisione del giudice di accogliere la domanda di addebito della moglie.