La sentenza in esame, affronta il tema della responsabilità risarcitoria per la mancata informazione. Secondi i giudici, infatti, tale responsabilità non riguarda solo il capo dell’equipe medica che ha eseguito l’intervento, ma anche l’aiuto-chirurgo che ha consigliato l’operazione chirurgica.

La fattispecie

Nel caso in esame, un uomo aveva convenuto in giudizio due medici e l’Azienda Ospedaliera presso cui era stato in cura, al fine di ottenere risarcimento dei danni permanenti subiti in seguito all’intervento chirurgico cui si era sottoposto, senza esser stato previamente informato in relazione ai rischi cui sarebbe potuto andare in contro.

La moglie dell’attore, interveniva nel giudizio per chiedere in proprio la condanna dei convenuti al risarcimento del danno derivato alla propria sfera sessuale in qualità di coniuge, oltre al danno morale derivato, di riflesso, dal fatto illecito del terzo responsabile.

Il Tribunale accertava la responsabilità contrattuale dell’Azienda Ospedaliera e dell’urologo solo con riferimento all’omesso consenso informato e li condannava in solido a risarcire al solo attore i danni da mancata acquisizione del consenso informato.

Avverso la citata sentenza, i coniugi proponevano appello innanzi alla competente Corte territoriale che, rigettato l’appello principale, accoglieva quello incidentale del medico chirurgo, riformando in parte la sentenza di primo grado.

Pertanto, i coniugi ricorrevano per Cassazione.

Il principio di diritto

I giudici della Corte di Cassazione, con sentenza n. 26728 del 2018, hanno accolto il ricorso, ritenendo contraddittoria la sentenza di appello; con riferimento all’omissione dell’obbligo di informazione che grava sul medico, i giudici supremi hanno affermato che “in tema di consenso medico informato riguardo all’esecuzione di un intervento operatorio, qualora risulti, come nella specie, che esso è stato eseguito da un sanitario come capo dell’equipe medico – chirurgica, ma che altro sanitario, che abbia partecipato all’operazione in qualità di aiuto- chirurgo, sia stato quello che ha consigliato al paziente l’esecuzione dell’intervento, erroneamente la sentenza di merito, avendo accertato il difetto del consenso informato, riferisce la responsabilità al solo capo dell’equipe medica, ancorchè egli abbia eseguito l’intervento, e non anche all’aiuto-chirurgo, giacchè costui, nell’eseguire la propria prestazione con il consigliare l’intervento, deve reputarsi anch’egli responsabile di non avere assicurato l’informazione dovuta“.

Altro aspetto esaminato dalla Suprema Corte, è quello attinente al danno subito in via diretta e/o riflessa dalla coniuge del paziente, su cui giudici di merito hanno omesso di pronunciarsi. In particolare, il giudice di primo grado, aveva considerato che il danno arrecato all’attore era costituito dall’inosservanza dell’obbligo di rendere effettivo il c.d. consenso informato, condotta che solo indirettamente potrebbe essere individuata come causa del pregiudizio lamentato dalla coniuge, e pertanto idonea a legittimare un risarcimento, mentre la Corte d’appello ha trascurato del tutto la censura mossa dai ricorrenti.

A tal riguardo, la Cassazione ha chiarito che la condotta omissiva che incide sulla sfera sessuale di un individuo, proietta i suoi effetti, in via immediata e riflessa, nella relazione di coppia, incidendo direttamente anche sul coniuge, egualmente privato di un aspetto importante e caratterizzante del rapporto di coppia, collegato ai diritti e obblighi matrimoniali. Pertanto, l’omesso consenso informato da parte del personale medico ha inciso sulla sfera sessuale della coppia di coniugi in sè considerata, e non solo su quella del paziente.

Conclusioni

Per le ragioni appena esposte, quindi, la Cassazione ha cassato la sentenza impugnata con rinvio alla Corte territoriale, che sarà tenuta a pronunciarsi alla luce di quanto affermato in sentenza dai giudici.

AVV. Francesco Cecconi