Non è mai semplice trovare dei criteri per risarcire il danno causato ad un bene così prezioso come la salute o l’integrità fisica: per cercare di essere più obiettivi e omogenei possibili, solitamente vengono usate alcune Tabelle, predisposte dai giudici di Milano, le quali prevedono anche una “personalizzazione del danno”, cioè un aumento dell’ammontare del risarcimento in presenza di alcune caratteristiche del caso specifico. In temi così delicati, però, spesso si possono creare delle incongruenze e delle inesattezze e quindi la Cassazione è intervenuta sul punto, affermando una serie di regole, al fine di far chiarezza sul punto.
La fattispecie
Un soggetto riporta una invalidità del 38% a seguito di uno spostamento lavorativo. Il Tribunale accorda un risarcimento per il danno biologico applicando le consuete tabelle di Milano, con una personalizzazione che aumentava del 25% tale ammontare, in relazione a quanto previsto dal CTU, tenendo conto della circostanza che la vittima patì “un grave e permanente danno dinamico – relazionale”, che consisteva nella rinuncia di alcune attività prima praticate ed amate, come la cura dell’orto e del vigneto. La corte di appello confermò quanto previsto dal Tribunale, ma eliminò la personalizzazione del 25%. Il danneggiato decide quindi di ricorrere in Cassazione.
Principio di diritto
Il punto più importante affermato dalla Cassazione con sentenza del 27 marzo 2018 n. 7513, è che l’incidenza di una menomazione permanente sulle attività quotidiane di tipo “dinamico – relazionali” della vittima, non è un danno diverso da quello biologico:
Il risultato di tale ragionamento è quindi che “le conseguenze della menomazione, sul piano della loro incidenza sulla vita quotidiana e sugli aspetti ‘dinamico relazionali’, non giustificano alcun aumento del risarcimento di base previsto per il danno non patrimoniale”.
Il decalogo per la quantificazione del danno biologico
1) L’ordinamento prevede e disciplina soltanto due categorie di danni: quello patrimoniale e quello non patrimoniale.
2) Il danno non patrimoniale (come quello patrimoniale) costituisce una categoria giuridicamente unitaria.
3) “Categoria unitaria” vuol dire che qualsiasi pregiudizio non patrimoniale sarà soggetto alle medesime regole e ad i medesimi criteri risarcitori.
4) Nella liquidazione del danno non patrimoniale il giudice deve, da un lato, prendere in esame tutte le conseguenze dannose dell’illecito; e dall’altro evitare di attribuire nomi diversi a pregiudizi identici, onde evitare una duplicazione del danno.
5) In sede istruttoria, il giudice deve procedere ad un articolato e approfondito accertamento, in concreto e non in astratto, dell’effettiva sussistenza dei pregiudizi affermati (o negati) dalle parti, con la possibilità per le parti di provarli con tutti i necessari mezzi di prova. Il giudice deve poi accertare come e quanto sia mutata la condizione della vittima rispetto alla vita condotta prima del fatto illecito (utilizzando anche il fatto notorio, le massime di esperienza e le presunzioni).
6) in presenza di un danno permanente alla salute, costituisce duplicazione del risarcimento la contemporanea attribuzione di una somma di denaro a titolo di risarcimento biologico ed una ulteriore per i pregiudizi (anche di natura relazionale), di cui è già espressione la percentuale di invalidità permanente individuata dal medico legale;
7) In presenza di un danno permanente alla salute, la misura standard del risarcimento può essere aumentata solo in presenza di conseguenze dannose anomale e peculiari, altrimenti la personalizzazione non può ammettersi;
8) In presenza di un danno permanente alla salute, costituisce duplicazione del risarcimento la contemporanea attribuzione di una somma di denaro a titolo di risarcimento del danno biologico, ed una ulteriore somma a titolo di risarcimento dei pregiudizi che non hanno fondamento medico-legale (come ad esempio, la vergogna di se stessi);
9) Ove sia adeguatamente provata l’esistenza di uno di tali pregiudizi non aventi base medico-legale, essi dovranno formare oggetto di separata valutazione.
10) Il danno non patrimoniale non derivante da una lesione della salute, ma conseguente alla lesione di altri interessi costituzionalmente tutelati, va liquidato, come anche il danno biologico, tenendo conto tanto dei pregiudizi patiti dalla vittima nella relazione con se stessa (ad esempio la sofferenza interiore), quanto di quelli relativi alla dimensione dinamico-relazionale della vita del soggetto leso.
Conclusioni
Attraverso questa sentenza, si potrà meglio determinare l’ammontare del danno risarcibile e questo non solo risulta fondamentale da un punto di vista di “giustezza” ed equità, ma anche da un punto di vista democratico, dal momento che qualsiasi giudice di qualsiasi ubicazione territoriale potrà accordare un quantum di danno che si quanto più simile possibile l’uno all’altro, così da evitare ingiuste differenziazioni per situazioni simili, circostanza che si può verificare nel momento in cui non vi siano dei parametri più espliciti per poter quantificare un aspetto così astratto e delicato.